martedì 14 dicembre 2010

La Ruota dell'Anno nel druidismo - Prima parte


L’anno celtico, basato su un calendario lunare, con un mese aggiunto ogni cinque anni, è diviso nettamente in due stagioni, inverno ed estate; ne deriva che il suo asse principale va dal primo novembre al primo maggio. Il calendario celtico, e dunque le ricorrenze festive druidiche, non hanno a rigore nessun legame con i solstizi.
Nessun testo antico menziona la festa celtica attorno ai solstizi d’inverno e d’estate. La festa di San Giovanni, che è cristiana, ha recuperato certi riti del primo maggio e deve la sua struttura a una religione pre-celtica. La festa di Natale è cristiana, ma di origine romana (i Saturnali e il culto di Mithra). In realtà, le feste druidiche hanno luogo quaranta giorni dopo un solstizio o un equinozio; la cosa si spiega perfettamente, essendo la quarantena un periodo di attesa, di incubazione, di preparazione allo schiudersi della festa, considerata quest’ultima come un’orgia, vale a dire una cristallizzazione di tutte le energie liberate.
La festa principale è quella del primo novembre, Samhain o Samhuin, in irlandese, che corrisponde al termine gallico samonios del Calendario di Coligny, testimonianza incontestabile dei Celti e del paganesimo. Samhain etimologicamente è “la fine dell’estate”, in altri termini l’inizio dell’inverno. È il primo giorno dell’anno nuovo, o piuttosto la prima notte, poiché i Celti contano per notti. Ci si può stupire che l’Anno Nuovo coincida con il periodo invernale che comincia: non dimentichiamo però che la credenza druidica, attestata da Cesare, fa di Dis Pater, vale a dire di una divinità notturna, l’origine degli esseri e delle cose.
È una festa di rilievo, alla quale ogni membro della comunità deve obbligatoriamente assistere: “Ogni uomo degli Ulaid che non veniva in occasione della notte di Samhain perdeva la ragione e veniva costruito il suo tumulo, la sua pietra e a sua tomba l’indomani mattina”, da  La nascita di Conchobar. La festa consisteva in un’assemblea di tutti gli uomini  e di tutte le donne che componevano la comunità. Vi si discuteva degli affari politici, economici e religiosi. Si svolgevano dei banchetti interminabili caratterizzati da carne di maiale e da vino. La carne di maiale dà in effetti l’immortalità, come dimostra la leggenda dei “maiali di Mananann”, e il vino procura l’ebbrezza, vale a dire quello stato di trance grazie al quale si può superare il reale apparente e afferrare il sovrannaturale. In effetti, in quel giorno, la comunità dei viventi e la comunità dei morti s’incontrano. I sidh, cioè i Tumuli in cui vivono gli dèi e gli eroi, sono aperti. I due mondi si compenetrano. Il giorno della festa cristiana di Ognissanti, che è poi l’erede di Samhain, ha conservato questo aspetto di “comunione dei santi”, e, nei paesi anglo-sassoni, i festeggiamenti più o meno pagani di Halloween sono un proseguimento dei banchetti e dei travestimenti della festa celtica.
Questi banchetti erano evidentemente riservati alla classe dirigente. Il re e i guerrieri ne erano il nucleo essenziale, ma è mal visto che i druidi ne siano stati esclusi. L’uomo comune del popolo si accontentava della fiera, con tutto ciò che questo comportava, in termini di transazioni diverse e, ad un tempo, di divertimenti. I giuristi, ugualmente, si riunivano per mettere a punto tutto ciò che concerneva i rapporti tra gli individui e la collettività. In qualche modo, essi costituivano un vero Parlamento in cui venivano discusse questioni di diritto e di politica.
Il rituale è mal conosciuto. Si sa, comunque, che la vigilia tutti i fuochi d’Irlanda dovevano essere spenti. È evidentemente il segno che l’anno muore. Rinascerà nel momento in cui i druidi avranno acceso un nuovo fuoco. Tutto ciò è stato trasferito, dai cristiani, dal primo novembre a Pasqua. Ma è sempre a Samhain che si ritiene si svolgano grandi avvenimenti mitici, battaglie, spedizioni nell’Altro Mondo, conflitti con i Tuatha Dé Danann, morti rituali di re, morte violenta di un eroe che ha violato un grave divieto. È inoltre a Samhain che il Mac Oc viene concepito e che nasce, in un “tempo ristretto” che equivale all’eternità. In effetti, se Samhain è il punto d’incontro tra il mondo divino e il mondo umano, significa che il tempo normale è stato abolito, o sospeso. Si tratta di una zona temporale neutralizzata: quando il Mac Oc si impadronisce del dominio di suo padre, egli se lo è fatto fare dare per una notte e un giorno, vale a dire lo spazio temporale di Samhain, ciò che equivale all’eternità. Questa idea si è perpetuata nella festa cristiana di Ognissanti, più in particolare nella Bretagna armoricana, malgrado la contaminazione del Giorno dei Morti, che è il 2 di novembre. In realtà, nel pensiero celtico, non vi sono né morti né viventi a Samhain, non più di quanto vi siano dèi o esseri umani. Vi è tutto.
Senza che sia possibile affermarlo, è verosimile che, in questa occasione, si svolgessero delle rappresentazioni drammatiche, che richiamavano i grandi miti primordiali, ognuno recitando un ruolo in questo affrontarsi generalizzato di forze rese presenti. Del resto, la festa durava tre giorni, ciò che permetteva di moltiplicare le attività – e i banchetti.
Tre mesi dopo Samhain si svolgeva la festa di Imbolc, il primo di febbraio, verosimilmente sotto il patrocinio della dèa Brigit. La festa di Inbolc, recuperata dal cristianesimo e divenuta la festa della Candelora, individua il periodo centrale dell’inverno. Vi si esalta il fuoco, ma anche l’acqua lustrale. È una festa di purificazione, significato che mantiene ancor oggi la Candelora. Ma siamo assai male informati sulle componenti di Imbolc, essendo stati eliminati tutti i riferimenti pagani dai cristiani, imbarazzati – lo si sarebbe per meno – dal problema della dèa Brigit che riappariva con i tratti della badessa Brigitte di Kildare, e la cui festa si svolgeva il primo di febbraio. Detto ciò, Imbolc sembra avere un’importanza assai minore di Samhain. Questa festa non riguarda la classe guerriera, né il re: era forse più intima, più locale.
Per contro, Beltaine, la festa del primo maggio, ha un’importanza considerevole. Il nome significa “Fuoco di Bel” e fa riferimento ad un’idea di luce e di calore. È la fine dell’inverno e l’inizio dell’estate. Di qui i riti del fuoco, particolarmente abbondanti, e la sacralizzazione della vegetazione nascente. In una società pastorale come quella dei Celti primitivi, ed in particolare degli Irlandesi, si tratta del momento cruciale dell’anno in cui gli armenti escono dai rifugi e vanno a pascolare nella campagna. I famosi Fianna del re Finn avevano l’abitudine di trascorrere i sei mesi d’inverno nelle case degli irlandesi, case che avevano la missione di proteggere; ma, dal primo di maggio, se ne andavano per tutta l’Irlanda, a vivere una vita nomade. È del pari a Beltaine che hanno luogo le mitiche invasioni dell’Irlanda. Con ogni evidenza, la festa di Beltaine è un’apertura sulla vita e la luce, un’introduzione nell’universo diurno, mentre Samhain segna l’ingresso nel mondo notturno, che in Bretagna chiamano ancora “i mesi neri”.
Il rituale di Beltaine rimane molto incerto. Si trattava, è vero, di una festa sacerdotale, e i druidi dovevano esservi in onore. Senza dubbio vi erano delle cerimonie, dei giochi, delle assemblee, dei banchetti. L’usanza dei rami piantati nei campi, nei giardini e nelle stalle, usanza che continua anche ai giorni nostri, è un lontano ricordo di questo rituale. I fuochi detti di San Giovanni si svolgevano in questa data, e il re d’Irlanda doveva essere il primo ad accendere il fuoco. Tutti coloro che si fossero permessi di farlo prima di lui sarebbero stati condannati a morte. È noto che San Patrizio lo fece, d’altronde impunemente, e che questo atto ebbe un grande peso, a quel che si racconta, nella conversione degli Irlandesi alla nuova religione. Ma, dopo l’estinzione del druidismo, il primo maggio è tuttavia rimasta la festa popolare dell’attività umana, soprattutto dell’attività economica. Non per niente in questo giorno è stata fissata la Festa del Lavoro. Nei paesi germanici, la notte di Beltaine è la “Notte di Walpurga”, durante la quale si danno convegno tutti gli stregoni e le streghe. Ciò significa che, quel giorno, o meglio quella notte, la classe sacerdotale è all’opera. Ma, siccome i druidi sono scomparsi in quanto sacerdoti, filosofi e giuristi, ricompaiono nella memoria popolare sotto l’aspetto spregiativo di stregoni. Ciò spiega, in particolare, i rituali di esorcizzazione estremamente numerosi che si osservano nella tradizione popolare a proposito del primo maggio: benedizione degli animali e delle stalle, passaggio degli armenti attraverso i filari di fiamme o di braci, purificazione magica dei locali dove hanno soggiornato gli animali, diversi incantesimi per proteggere gli armenti dalle malattie e dagli animali selvaggi.
Se, a Samhain, si entra in “sonno”, a  Beltaine, si dà il segnale del risveglio. Durante l’inverno, il fuoco è invisibile, nascosto nelle pietre, nel legno, nella materia inerte. Ma l’energia che rappresenta il fuoco esiste allo stato potenziale. In occasione della festa di Beltaine, questa energia si manifesta, realizza una vera “epifania”. Le fiamme che scaturiscono dal rogo della collina di Tara, acceso dal re d’Irlanda, sotto la protezione dei druidi, erano più che un simbolo: nel ciclo delle stagioni e dei giorni esse costituivano la prova che dalla morte poteva scaturire la vita.
La quarta festa, Lughnasadh, cadeva il primo agosto. Secondo la tradizione, Lughnasadh (etimologicamente, la “Festa di Lug”) era stata istituita dallo stesso dio Lug, a Tailtiu, in memoria di sua madre adottiva, la dèa Tailtiu, simbolo della Madre-Irlanda. La festa consisteva in giochi diversi e soprattutto in assemblee plenarie. Sembra che Lughnasadh sia prima di tutto una festa regale. In effetti, il re vi presiede corse di cavalli, certami poetici, ma non vi sono giochi guerrieri, né morti rituali. Si suppone che il re, in questo periodo dell’anno, sia in possesso del massimo della sua potenza. Ed è necessario, peraltro, poiché sta per cominciare il periodo in cui si raccolgono i frutti dell’anno. Non si può dimenticare che tutto ciò si svolge sotto la protezione di una dèa-madre che, secondo il mito, è morta essa stessa per assicurare la prosperità ai suoi numerosi figli. Lughnasadh è una festa che è scomparsa dal calendario della cristianità, ma sopravvive in parte, dispersa in altre feste, come quella, religiosa, delle Rogazioni (nella liturgia cattolica, almeno sino al 1969, rito penitenziale con preghiere e processioni per ottenere da Dio la fecondità dei campi, che veniva celebrato in alcuni giorni di primavera). Sopravvive anche nelle numerose feste profane del Raccolto. Ad ogni modo, l’estate non è propizia alle lunghe festività, ancor meno agli interminabili banchetti. È epoca d’intenso lavoro, in cui si prepara l’arrivo dei “mesi neri” al fine di poterli superare senza danno.
E così, dunque, il calendario delle festività celtiche è articolato attorno a quattro momenti, due dei quali sono particolarmente importanti,  Samhain e Beltaine. E siccome queste feste riguardano e radunano un considerevole numero di individui, si può dire, una volta di più, che il druidismo è una religione sociale. In questo contesto, l’atteggiamento individuale non ha alcun senso se non si integra all’attività del gruppo. Ciò non significa che ciascun individuo non abbia autonomia: al contrario, sembra che il druidismo abbia privilegiato la nozione di Libero Arbitrio. Ma è una questione di giustificazione: l’attività individuale non ha alcun significato ed è dunque ingiustificabile se non rientra nel quadro della società nel suo complesso, essendo questa società – la realizzazione della società divina. Le feste, come i riti, riguardano tutti. Coloro che non vi partecipano si autoescludono, essi stessi, dalla comunità. E se, per una ragione o per un’altra, una festa non viene celebrata (ma si tratta di eventi molto rari), l’equilibrio della società, e dunque del mondo, è minacciato. Giacché le feste, come i riti, sono delle operazioni di tipo magico o religioso (o l’uno e l’altro insieme) che stabiliscono dei rapporti di armonia tra gli esseri e le cose, tra gli uomini e gli dèi, tra le forze visibili e le forze invisibili.
Di qui la necessità di una liturgia organizzata, gerarchizzata, e concepita in quanto proiezione, su scala umana, di quanto accade sul piano cosmico.

Da: Il druidismo. Religione e divinità dei Celti, di Jean Markale, Edizioni Mediterranee

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