mercoledì 9 febbraio 2011

La ragazza che non aveva paura di nulla – Seconda parte

La grinta della giovane donna lasciò ammutolito il mugnaio, che andò a prendere la chiave, chiamando come testimoni la moglie e gli altri abitanti della casa: lui l’aveva avvertita, quindi non era responsabile di ciò che le sarebbe accaduto.
Finalmente la ragazza ottenne la chiave. La moglie del mugnaio le diede una lanterna accesa per rischiarare l’interno del mulino.
La ragazza aprì il chiavistello e si guardò attorno con circospezione: nulla. Sembrava non esserci proprio nessun altro nell’ampio locale.
“Bene” pensò tra sé la ragazza, mentre si accingeva ad aprire il passaggio dell’acqua nella gora.
Lentamente, la ruota del mulino si mise in moto gemendo sotto il peso dell’acqua. “Clac! Clac! Uisccc! Clac! Clac! Uiscccc! Clac! Clac! Uisccc!” faceva, girando, la ruota del mulino. Versato il contenuto del sacco nella tramoggia, l’avena prese a scorrere verso la macina.
La ragazza si sedette per riposarsi, anche in vista del lungo viaggio di ritorno che l’attendeva. In breve tutta l’avena venne macinata e la farina riversata nel sacco, che la ragazza chiuse con un nodo.
“Ecco fatto” disse tra sé, “nonsono stata disturbata da nessuno!”
Non aveva ancora terminato la frase, che dalle assi del pavimento saltò fuori uno spaventoso, enorme goblin! Con una mano la creatura brandiva una grande mazza nera, mentre con l’altra si protendeva per afferrare il sacco di farina.
“Cosa ti sei messo in testa?” urlò la ragazza, al pensiero che la colazione del mattino dopo stava per svanirle sotto il naso. E mentre gli gridava dietro, gli strappò di mano la mazza e prese a rincorrerlo.
Il goblin, che pure aveva affrontato tanti uomini nel mulino di notte, era disorientato: mai si era imbattuto in una donna così audace. Quella situazione era assolutamente insolita e oltretutto la ragazza si era impadronita della sua mazza! I goblin, si sa, non brillano per una gran prontezza di spirito, così l’unica reazione che ebbe fu la fuga!
La ragazza lo raggiunse e lo colpì sull’orrida testa con la mazza nera. Il goblin cercò riparo negli angoli, ma la ragazza lo stanò a colpi di mazza, facendogli fare più volte il giro del mulino. La mazza roteava in continuazione, a volte colpendo il povero goblin, a volte finendo sulle pareti, in ogni caso provocando un gran frastuono.
Il mugnaio, atterrito, sprangò la porta di casa e, imitato dagli altri familiari, si turò le orecchie per attenuare il baccano che proveniva dal mulino.
Nella sua continua corsa da un muro all’altro del mulino, il goblin capitò nei pressi della tramoggia che serviva per caricare i cereali. Proprio lì accanto era appoggiata una grossa spranga di duro legno di quercia. Il goblin si girò di scatto nel tentativo di afferrare la sbarra, ma la ragazza fu più svelta e gli diede una pedata in mezzo alla schiena, tanto forte da farlo cadere, a testa in giù, proprio dentro la tramoggia. Poi, senza perder tempo, riavviò la ruota del mulino e il goblin finì in mezzo alle macine, che lo travolsero facendolo girare senza fine.
I goblin, come è noto, non possono morire, ma quel trattamento gli fece davvero un gran male.
Urla strazianti uscivano dalle macine del mulino. “Fammi uscire! Fammi uscire! Liberami!” strillava il goblin, e quegli urli disperati riuscirono a scoperchiare il tetto del mulino.
Il mugnaio, la moglie e tutti gli abitanti della casa, sempre più terrorizzati, cercavano vanamente di coprirsi le orecchie nascondendo le teste sotto i cuscini, ma il tremendo frastuono non cessava.
Intanto il goblin proseguiva nella sua straziante richiesta: “Fammi uscire!”
“Non ci penso neppure, quello è il posto che ti spetta!” rispondeva la ragazza mentre tentava di mettersi un po’ in ordine, scarmigliata com’era per le conseguenze della lotta.
“Fammi uscire” supplicava il goblin. “Ti prometto che me ne andrò subito e non ti disturberò mai più.”
“Dici il vero?” chiese la ragazza.
“Te lo assicuro” rispose il goblin.
“Arrivati a questo punto ti voglio credere” concluse benevola la fanciulla, bloccando il flusso dell’acqua nel canale.
La ruota del mulino si arrestò, il goblin smise di lamentarsi e la quiete riavvolse il mulino. Ma poiché la creatura non riusciva a uscire dalla tramoggia, la ragazza fu costretta ad afferrarlo per il collo.
Mai si era visto un goblin tanto malandato! Senza proferire parola, trascinò le doloranti ossa fuori dal mulino e scomparve per sempre nella notte.
La ragazza riprese il suo sacco di avena macinata, si infilò sotto il braccio la mazza del goblin, chiuse a chiave la porta del mulino e fece ritorno alla casa del mugnaio. Bussò con vigore alla porta ma ci volle un bel po’ di tempo perché il mugnaio, ancora sconvolto dalla paura, osasse scendere e aprire.
“Ti restituisco la chiave e la lanterna” disse la giovane. “Ho macinato la mia avena e ti ho anche liberato dal goblin. Adesso me ne torno a casa.”
Rimise in spalla il sacco, e con la nera mazza sotto braccio se ne partì per il viaggio di ritorno.
In un battibaleno la notizia si sparse nel villaggio. Il mattino seguente, prima ancora che la ragazza avesse terminato di mangiare il suo porridge, i suoi paesani già sapevano come fosse riuscita a scacciare il goblin dal mulino di Lachie. Il mugnaio era uscito che era ancora buio e aveva raccontato a tutti l’accaduto.
Anche Wully, il figlio del tessitore, fermatosi al villaggio presso la bottega del fabbro, venne a conoscenza dell’impresa della giovane. Nell’udire la notizia il suo cuore si rattristò: aveva sempre pensato che la ragazza potesse un giorno ricredersi e ammettere che aveva bisogno di un uomo che badasse a lei e, in tal caso, sperava ancora di essere il prescelto. Quello che era successo andava in tutt’altra direzione. Non erano dunque solo dicerie. La ragazza aveva dimostrato di sapersela cavare da sola anche in una situazione tanto difficile.
“Ora” disse a se stesso con rammarico, “è certo che non avrà bisogno di me.”
Sotto l’influsso di quei tristi pensieri, riprese lentamente e di malavoglia il suo cammino. Mentre passava accanto alla strada che si inoltra nella foresta, a un tratto udì la voce della ragazza che gridava come una forsennata. Erano urla tremende, quasi come quelle del goblin! Il ragazzo si mise a correre a perdifiato.
“Forse è stata catturata da una banda di ladri che la stanno derubando” pensò Wully, precipitandosi lungo il sentiero.
Trafelato giunse nel cortile della fattoria e, prima di entrare, afferrò una mazza nera appoggiata al cancello. Con un solo colpo spalancò la porta e avanzò oltre la soglia, roteando lo sguardo, pronto ad affrontare chiunque stesse minacciando la ragazza. Ma, subito si bloccò stupefatto.
La ragazza era sul tavolo, in piedi tra la tazza di porridge e la scodella del latte. Teneva stretta la gonna alle ginocchia, implorando aiuto con grida strazianti e con gli occhi chiusi per la paura: sul pavimento si aggirava furtivo un topolino grigio!
Deposta la mazza, Wully lasciò che urlasse ancora un po’, quindi le disse: “Mi avevano raccontato che tu sei la ragazza che niente al mondo può spaventare.”
“Wully, ti prego, manda subito fuori quel topo! Il cane e il gatto sono in giro, soltanto tu mi puoi salvare!” esclamò la giovane riaprendo gli occhi.
“Sembra che anche tu abbia bisogno di un uomo che si prenda cura di te!” commentò Wully.
“Sembra proprio di sì!” sospirò la ragazza.
Afferrata la scopa da dietro la porta, Wully sospinse il topolino fuori dell’uscio. Poi prese le mani della fanciulla, l’aiutò a scendere dal tavolo, la strinse tra le braccia e la baciò.
“Ci sposeremo domenica” le disse.
“Sì” gli rispose la ragazza, e gli appoggiò la testa sulla spalla, con il gesto più naturale del mondo.
I due ragazzi si sposarono e il loro fu un matrimonio felice. L’episodio che li aveva uniti non fu dimenticato: quando lei se ne usciva con qualche frase un po’ spavalda, bastava che Wully dicesse “topino!” e subito la giovane sposa si schermiva, arrossendo al ricordo della sua avventura.
Grazie a questa intesa ben riuscita, vissero per sempre insieme felici e contenti
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Da: Fiabe celtiche. Gnomi, folletti, fate: storie del Piccolo Popolo a cura di Francesco Fornaciai

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