martedì 22 marzo 2011

Oestara – l’equilibrio del cosmo


All’Equinozio di Primavera, intorno al 21 marzo, giorno e notte sono in perfetto equilibrio (la parola equinozio deriva dal latino aequus nox, “uguale notte”) ma la luce aumenta sempre di più, dopo le lunghe notti invernali. La Ruota dell’Anno gira attraverso le stagioni, verso i lunghi e caldi giorni estivi. La Natura si risveglia, i fiori sbocciano ovunque. È il tempo del ritorno della vegetazione: fioriscono il narciso, la primula, la tussilaggine, fiori primaverili color del sole. Gli uccelli costruiscono nidi e si accoppiano. Non c’è da meravigliarsi quindi se questa data sia stata associata presso varie culture a concetti quali la fertilità, la resurrezione, l’inizio.
Ma se nel suo aspetto di fertilità umana l’Equinozio deve inchinarsi alla festa successiva, quella di Beltane, esso possiede completamente l’aspetto della fertilità vegetale, che si manifesta in modi diversi a seconda della latitudine. Infatti, se nel Mediterraneo è tempo di germogli, nel Nord Europa è tempo di semina, in cui i nuovi semi vengono benedetti.
Nelle tradizioni neo-druidiche contemporanee l’Equinozio primaverile è denominato Alban Eiler, “Luce della Terra”, con riferimento al fatto che il sole ora si trova al di sopra dell’equatore celeste, la zona astronomica chiamata nelle antiche cosmologie “terra emersa” e contrapposta alle “acque inferiori”, cioè la zona al di sotto di tale fascia. La primavera, in queste concezioni druidiche è celebrata con tre feste: Imbolc che ne rappresenta i primi movimenti, l’Equinozio che ne è la manifestazione visibile, e Beltane che è la sua pienezza.
Come inizio l’Equinozio di Primavera segna appunto l’inizio del calendario zodiacale col segno dell’Ariete. Inoltre ogni era zodiacale viene chiamata col nome della costellazione in cui cade il punto equinoziale nel suo ciclo precessionale (circa 2000 anni per ogni segno zodiacale).
L’Equinozio primaverile rappresenta così una sorta di capodanno. Nella Roma arcaica l’anno cominciava a primavera, nel mese di marzo sacro appunto a Marte, padre dei due gemelli fondatori della città. Anche in altri paesi del Mediterraneo e del Vicino Oriente l’anno iniziava con la primavera, quando il sole torna a splendere alto nel cielo e la terra si risveglia.
E ogni anno a Roma, il 14 o 15 marzo, veniva portato in processione un uomo coperto di pelli di capra, colpito con lunghe verghe e chiamato Mamurio Veturio. Ritenuto il mitico fabbro che aveva costruito undici scudi a imitazione di quello sacro donato da Giove al re Numa Pompilio e per questo ritenuto colpevole di sacrilegio, Mamurio era in realtà la personificazione dell’anno vecchio (Veturio da vetus, vecchio), il quale veniva scacciato alle Idi di Marzo per far posto al nuovo anno.
All’Equinozio di Primavera, in molte tradizioni ricorreva addirittura la nascita del mondo, come nel mithraismo, l’antica religione persiana. Il mito narra che Mithra sacrificò il toro cosmico, da cui nacquero tutte le piante e tutti gli animali, e poi suggellò la sua amicizia con il Sole offrendogli la carne del toro in un banchetto sacrificale.
Ma le antiche tradizioni ci offrono tutta una serie di miti legati alla primavera, che hanno al loro centro l’idea di un sacrificio a cui succede una creazione-rinascita-nascita. Esiste un preciso riferimento cosmico alla base di queste mitologie: il sole che incrocia e supera la linea dell’equatore celeste passando da nord a sud. Sembra che al tempo dell’equinozio nel segno dei Gemelli (6000 - 4000 a.C. circa) la più notevole figura astronomica del cielo meridionale, la Croce del Sud, fosse visibile nei cieli della Mesopotamia. I Babilonesi fecero della croce il simbolo dell’adempimento, quasi ad indicare che il mito del dio dell’anno si conclude al termine di un ciclo con il dio stesso appeso ad una croce....
Un mito che mostra bene l’idea di un sacrificio e di una successiva rinascita è quello frigio di Attis e Cibele. Attis, bellissimo giovane nato dal sangue della dea Cibele e da questa amato, voleva abbandonarla per sposare una donna mortale. Cibele Io fece impazzire ed egli si evirò morendo dissanguato. Dal suo sangue nacquero viole mammole, e gli dei, non potendolo resuscitare, Io trasformarono in un pino sempreverde (raffigurazione dell‘Albero Cosmico). Secondo i filosofi neoplatonici questa storia cruda simboleggiava l’amore della Provvidenza (Cibele) per la causa generatrice (Attis) di ogni cosa. La discesa della causa generatrice termina al livello più basso, il mondo della materia, quando la Provvidenza interrompe la folle corsa.
Adone era in realtà il dio assiro-babilonese Tammuz, a cui i fedeli si rivolgevano chiamandolo “Adon” (Signore). Egli dimorava sei mesi all’anno negli inferi, come il sole quando si trova al di sotto dell’equatore celeste (autunno e inverno). Si festeggiava a primavera la sua risalita alla luce quando si ricongiungeva alla dea Ishtar, l’equivalente dell’Afrodite greca. Allo stesso modo nei Misteri Eleusini si festeggiava Persefone che ritorna nel mondo dopo aver trascorso sei mesi nel regno dei morti. Proprio nel mese di Anthesterion (“mese dei fiori”, febbraio-marzo circa) si celebravano ad Atene i Piccoli Misteri Eleusini.
La Pasqua è la versione cristiana del tema dell’accoppiamento sacrificale: la discesa di Cristo agli Inferi per salvare le anime dei giusti da Adamo in poi. Gli inferi, nella visione delle tarde religioni pagane non erano altro che il misconosciuto aspetto femminile della divinità, la Dea in cui il Dio sacrificato si immerge per rinascere, ma i nomi di varie dee degli inferi (la nordica Hel, la cananea Sheol) sono passati in seguito ad indicare luoghi ultraterreni di punizione eterna...
Nel mese successivo all’Equinozio si festeggiavano in Atene le Grandi Dionisìe in onore di Dioniso, dio morto e resuscitato. La processione compiuta per celebrarlo portava per le strade simulacri di falli, simbolo della fertilità nel suo aspetto maschile.
Tutti questi miti mostrano l’unione di un simbolismo cosmico, celeste, legato al cammino del sole nel cielo, e un simbolismo terrestre, legato al risveglio della Natura. Ciò riecheggia il sottostante tema del matrimonio fra una divinità maschile, celeste o solare, ed una femminile, legata alla terra o alla luna verso l’indeterminato, il mondo frammentato e caotico della materia, per richiamarla a sé. La mutilazione di Attis era il ritorno alla madre primordiale, il ridiventare simili ad essa, androgini, per risorgere nell’Uno. A Roma le feste in onore di Attis iniziavano il 15 marzo, con penitenze e digiuni. Il 22 marzo iniziavano i Tristia, le commemorazioni per la passione e morte di Attis, durante le quali avvenivano le autoevirazioni dei suoi adoratori che volevano diventarne sacerdoti, i cosiddetti Galli. Il 25 marzo erano gli Hilaria, durante i quali si celebrava la resurrezione di Attis, il suo ritorno alla Grande Madre, all’apparire del sole che aveva appena superato l’equatore celeste. Si diceva che la tomba si apriva e che il dio si levava tra i morti. I sacerdoti, toccando con un balsamo le labbra degli adoratori, annunciavano che anche essi come Attis avrebbero trionfato sulla morte. Tutti questi riti avevano luogo sul posto dove ora sorge la basilica di San Pietro. Dopo l’Equinozio, si svolgevano nel mondo ellenico le Adonìe, le feste della resurrezione di Adone. Bellissimo giovane amato dalla dea Afrodite, venne ucciso da un cinghiale (forse il dio Ares ingelosito). Collegati ai riti in suo onore erano i “giardini di Adone”, vasi in cui si seminavano cereali e ortaggi che germogliavano rapidamente al sole primaverile e venivano poi gettati in mare o nelle sorgenti per propiziare il rinnovamento della Natura. Tale usanza è sopravvissuta nelle celebrazioni della Pasqua cristiana: ancora oggi in molte località d’Italia si prepara nello stesso modo il cosiddetto “grano del sepolcro”.





La primavera era infatti la stagione per accoppiamenti rituali meno cruenti di quello di Attis: gli hieros gamos, le nozze sacre in cui il Dio e la Dea (personificati spesso da un sacerdote e da una sacerdotessa) si accoppiano per propiziare la fertilità. Il Dio Sole inizia a far sentire la sua giovinezza e ad accoppiarsi con la giovane Dea della Terra.
Come festa solare, appartengono all’Equinozio i temi del fuoco e della luce. Luce e fertilità sono sopravvissuti nel folklore europeo, in cui è rimasta la tradizione di accendere i fuochi di Pasqua sulle cime di alte colline: più a lungo restano accesi, più sarà fruttifera la terra.
I miti primaverili della fertilità sono presenti infatti anche nel Nord Europa. La parola Est, la direzione a cui è collegato l'Equinozio primaverile, deriva da Eostre (o Ostara, “la stella dell’est” cioè Venere) la dea sassone della fertilità assimilabile a Venere, Afrodite e Ishtar. Eostre ha dato il suo nome anche alla Pasqua nella lingua inglese: Easter per l’appunto.

Da Feste Pagane di Roberto Fattore

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