mercoledì 4 maggio 2011

Faeryland



Era mattina presto quando Morgana uscì furtivamente dalla Casa delle Vergini e si avventurò nella palude dietro il Lago. Con un po’ di fortuna avrebbe trovato nella foresta ciò che le occorreva.
Sapeva che cosa doveva cercare: una radice, la corteccia di un arbusto e due erbe. Avrebbe potuto prenderle dalla dispensa, ma in tal caso avrebbe dovuto spiegare perché le voleva, e non sopportava quell’idea.
Una delle erbe cresceva nell’orto di Avalon: l’aveva colta senza che nessuno la notasse. Le altre doveva cercarle lontano, e percorse una distanza considerevole prima di accorgersi che non s’era ancora addentrata nelle nebbie. Si guardò intorno e si rese conto di essere giunta in una parte di Avalon che non aveva mai visto. Sembrava impossibile, perché conosceva perfettamente l’Isola, eppure era vero. S’era avventurata dove la foresta era più fitta, gli alberi più vecchi, e i cespugli e le erbe apparivano diversi.
Forse era passata attraverso le nebbie senza accorgersene, ed era sulla terraferma che circondava il Lago e l’Isola? No, era impossibile. C’era soltanto un sentiero semiasciutto che collegava Avalon alla terraferma, e non l’aveva percorso.
Alzò gli occhi per orientarsi con il sole, ma il sole non c’era. Era giorno, ma la luce era una radiazione dolce che pareva giungere da ogni parte.
Morgana fu assalita dal freddo della paura. Non era nel mondo che conosceva. Era possibile che all’interno della magia dei druidi vi fosse un altro territorio sconosciuto? Gli alberi fitti, le querce e i noccioli, le felci e i salici le dicevano che non aveva mai visto quel mondo. C’era una quercia nodosa e indicibilmente antica che non sarebbe potuta sfuggire alla sua attenzione. “Per la Dea, dove sono?”
Dovunque fosse, non poteva restare. Avanzò lentamente nella foresta sempre più fitta. Giunse in una radura circondata da noccioli, e sul margine scorse numerosi ciuffi d’una delle erbe che le occorrevano. Impulsivamente andò a inginocchiarsi e cominciò a scavare per prendere la radice.
Per due volte, mentre frugava nella terra, ebbe la sensazione d’essere osservata. Ma quando alzò gli occhi non vide nessuno, sebbene vi fosse un lieve movimento tra gli alberi.
La terza volta attese il più a lungo possibile prima di sollevare lo sguardo. Estrasse l’erba e incominciò a staccare la radice mormorando un incantesimo. Ma la sensazione d’essere osservata divenne ancora più forte, e sollevò la testa. Quasi invisibile nell’ombra, al limitare degli alberi, c’era una donna.
Non era una delle sacerdotesse, e Morgana non l’aveva mai vista. Indossava un abito verdegrigio come le foglie del salice impolverate alla fine dell’estate, e un mantello scuro. Un monile d’oro le brillava alla gola. A prima vista Morgana pensò che appartenesse al piccolo popolo scuro: ma aveva il portamento d’una sacerdotessa o d’una regina. Era difficile immaginare che età avesse, ma gli occhi profondamente infossati indicavano che non era giovane.
“Che cosa fai, Morgana la Fata?”
Morgana si sentì agghiacciare. Com’era possibile che la donna conoscesse il suo nome? “Se conosci il mio nome, signora, puoi vedere anche cosa sto facendo”, disse con fermezza, e riprese a scortecciare la radice. Poi alzò di nuovo lo sguardo, quasi aspettandosi che la sconosciuta fosse scomparsa; invece era ancora lì e la osservava spassionatamente. “Sì, vedo che cosa stai facendo, e so che cosa intendi fare. Perché?”
“T’interessa tanto?”
“La vita è preziosa per la mia gente”, rispose la donna, “anche se per noi la riproduzione e la morte non sono facili come per voi. Ma mi sorprende che tu, Morgana della stirpe reale del Vecchio Popolo, e quindi mia lontana parente, rifiuti l’unico figlio che potrai mai avere.”
Morgana deglutì con uno sforzo e si alzò. In tono di sfida chiese: “Perché dici così? Sono ancora giovane. Perché credi che se rifiuterò  questo figlio non potrò averne un’altra dozzina?”
“Avevo dimenticato che quando il sangue fatato è diluito, la Vista è menomata e incompleta”, disse la sconosciuta. “Ti basti sapere questo: io ho veduto. Rifletti bene, Morgana, prima di rifiutare ciò che la Dea ti ha mandato con l’intervento del Re Cervo.”
Improvvisamente Morgana ricominciò a piangere. “Non lo voglio! Perché la Dea mi ha fatto questo? Se è lei che ti manda, puoi rispondermi?”
La sconosciuta la guardò con tristezza. “Non sono la Dea e neppure la sua emissaria. La mia gente non conosce né Dei né Dee, ma soltanto nostra madre che sta sotto i nostri piedi e sopra le nostre teste. Amiamo la vita e ci dispiace vederla gettar via.” Avanzò di qualche passo e prese la radice dalla mano di Morgana. “Tu non la vuoi”, disse, e la gettò via.
“Come ti chiami?” gridò Morgana. “E che luogo è questo?”
“Non potresti pronunciare il mio nome nella tua lingua. E questo luogo è il noccioleto, ed è ciò che è. Conduce alla mia terra, mentre quel sentiero ti condurrà ad Avalon.”
Morgana seguì con lo sguardo il gesto della donna. Sì, c’era un sentiero, ma avrebbe giurato che non ci fosse quando era entrata nel bosco.
La signora era ancora accanto a lei. Esalava una strana fragranza, come di un’erba sconosciuta, fresca e quasi amara.
Con voce bassa e ipnotica la sconosciuta disse: “Puoi restare qui con me, se vuoi. Ti farò dormire in modo che partorisca tuo figlio senza soffrire; lo terrò io e vivrà più a lungo di quanto vivrebbe fra la tua gente. Perché vedo un destino per lui, nel tuo mondo… tenterà di agire bene e, come quasi tutti gli esseri della vostra specie, farà soltanto del male. Ma se rimarrà qui tra la mia gente vivrà molto, molto a lungo, e diventerà un mago. Rimani, piccola: dona a me la creatura che non vuoi partorire, e  poi ritorna fra i tuoi con la certezza che sarà felice.”
Morgana fu scossa da un brivido. Sapeva che quella donna non era interamente umana. Si ritrasse e fuggì, fuggì verso il sentiero come se fosse inseguita da un demone. Dietro di lei la sconosciuta chiamò: “Allora abortisci, oppure strangola tuo figlio quando nascerà, Morgana la Fata; la tua gente ha un suo destino, ma che sarà del figlio del Re Cervo? Il re deve morire…” Ma la voce si smorzò mentre Morgana correva nella nebbia, inciampando tra i rovi, fino a quando finalmente irruppe nel sole e nel silenzio e comprese d’essere ritornata sulle rive di Avalon

Da: Le nebbie di Avalon di Marion Zimmer Bradley

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