lunedì 16 maggio 2011

La tonsura celtica


“Voglio che acconci i miei capelli.”
“Lo farò.”
Artù prese un pettine d’oro. Forbici dall’impugnatura d’argento, e gli acconciò i capelli. Poi gli chiese chi fosse.

Da: Culhwch e Olwen

Come mai Culhwch chiede ad Artù di acconciargli i capelli? È una delle tante domande che mi sono fatta quando lessi questo racconto, sembra un particolare secondario, ma quando si studiano i miti celtici non va trascurato nulla.
Ora dopo un po’ di anni provo a darmi una risposta perché ho trovato delle indicazioni ne: Il segreto dei druidi di Peter Berresford Ellis:
Secondo le fonti irlandesi i druidi avevano una tonsura. Pare ovvio che anche tra i druidi di Britannia dovesse essere diffusa una simile forma di taglio dei capelli, nonostante non compaiano in questo senso affermazioni specifiche. Il concetto di tonsura è proprio di molte culture e religioni. I monaci buddisti e giaini, e anche gli Indù, tagliano i capelli come forma di iniziazione religiosa. Nei tempi antichi i bambini indù venivano sottoposti all’età di due anni alla cerimonia detta cudakarana, la quale comprendeva una tonsura, atta a mostrare la transizione dalla condizione di infante a quella di bambino. Oggi questa cerimonia è più simbolica che effettiva. Quindi non è sorprendente il fatto di ritrovare una tonsura druidica nell’antica società celtica.
La studiosa Maud Joynt parla della tonsura druidica nel suo articolo “Airbacc giunnae” (“Eriu”, X, 1928, pp. 130-34). Tirechán è una delle prime fonti a fare menzione di una simile tonsura. Di Lucat Mael e Caplait, i due druidi che furono tutori di Ethne e Fidelma, le due figlie del Re Supremo Laoghaire, si dice avessero tagliato i capelli alla maniera detta airbac giunnae; P.W. Joyce ritiene che si definiva in questo modo un “taglio di capelli a siepe”, sottintendendo che il taglio presentava una sorta di scriminatura lungo la testa, che andava da un orecchio all’altro, lasciando rasata la parte frontale del capo. Joynt, comunque, ritiene che si voglia con ciò indicare “la curva frontale della tonsura”. Il nome Mael, “calvo”, poteva allo stesso modo presupporre l’idea di tonsura. Gli scrittori latini, parlando di Lucet Mael, lo chiamano Lucat Calvuc, ovviamente dal termine latino calvus (calvo).
Quando il cristianesimo cominciò a fare presa sui Celti, la tonsura druidica fu conservata e divenne la tonsura dei religiosi cristiani celtici, nonostante il fatto che nel glossario di Ferfesa o’Mulchonry (Annales Ríoghachta Éireann) il nome della tonsura fosse divenuto berrad mog o tonsura civilis. La più esplicita descrizione della tonsura ci è data dalla lettera di Ceolfrid a Naiton, re dei Pitti, che la descrive come una rasatura della parte frontale del capo, lungo una linea che va da un orecchio all’altro, e che lascia i capelli lunghi sulla parte posteriore. Ovviamente, gli scrittori celtici cristiani successivi non parlarono di un’origine druidica per questa tonsura, sostenendo anzi che si trattasse della Tonsura di San Giovanni.
Gli oppositori romani della Chiesa Celtica, in particolare Aldelmo di Malmesbury, sostenevano che si trattasse della tonsura di Simon Mago.
Sia la Vita Tripartita di San Patrizio sia la Vita di Patrizio di Tirechán asseriscono che quando Cass Macc Glais, il porcaio del Re Supremo Laoghaire, venne battezzato da San Patrizio, gli vennero tagliati i capelli in questo modo. (Dall’esame delle più diverse tradizioni si evince che il maiale tende a essere collegato alla casta sacerdotale. Presso i Celti il porcaio è un druido, il porcaio più celebre che conosciamo è San Patrizio in persona. Come fonte di nutrimento la scrofa rappresenta la Dea; a prova del fatto che il druidismo fosse originalmente centrato sulla Dea, i druidi erano chiamati “maialini”, e la Dea, a volte Ceredwen, era raffigurata come una scrofa, il suo druido era chiamato cinghiale o cinghiale selvatico e il suo Alto Prelato guardiano dei porci. Il nome di Culhwch, che nel racconto Culhwch e Olwen si fa acconciare i capelli da Artù, significa “recinto per maiali”, poiché egli nacque in un porcile e venne allevato da un porcaio, probabilmente ha compiuto tutta la sua istruzione in una scuola druidica e questo viene riconosciuto da Artù quando gli pratica la tonsura alla maniera dei druidi).
Secondo Dom Gougard, tuttavia, Patrizio si oppose alla tonsura celtica e ordinò la scomunica di quei clerici irlandesi che rifiutavano di radersi more romano. L’eccellente studio di Dom Gougard è rigidamente trincerato all’interno della sua dottrina romana, e di questa attitudine dobbiamo tenere conto nel considerare l’opera. Se Dom Gougard ha ragione, dobbiamo concludere che il tentativo di San Patrizio non ebbe successo, e che egli stesso alla fine accettò la tonsura celtica.
La tonsura celtica fu uno degli argomenti di discussione durante il conflitto svoltosi a Whitby nel 664 d.C tra gli avvocati celtici e quelli romani. Il concilio di Toledo nel 633 d.C. aveva già condannato la tonsura dei Celti britannici, che si erano stabiliti in Galizia e in Asturia. Essa era comunque ancora diffusa in Bretagna in una data di molto successiva, vale a dire l’818, anno in cui presso Landévennec all’abate Marmonoc fu ordinato di istituire la regola benedettina per rimpiazzare quella di Guénolé, conosciuto in Cornovaglia anche con il nome di Winwaloe. Landévennec fu il centro intellettuale della Chiesa celtica di Bretagna.
Secondo gli Annali di Tigernach, la tonsura romana non fu accettata a Iona fino al 714 d.C. circa. Dopo questa data, inoltre, i Celti britannici ancora adottavano la tonsura celtica. È difficile stabilire per quanto tempo questa moda sia durata tra di loro. Esistono anche alcuni riferimenti ai Culdees, Cele Dé, Servo di Dio, un ordine istituito da Mael Ruain, fondatore del monastero di Tallaght (morto nel 792 d.C.), dei quali si dice portassero la tonsura celtica vagabondando per la Scozia ancora nel quattordicesimo secolo d.C.
Avendo visto nei druidi meramente dei sacerdoti, i commentatori hanno trovato difficoltà nello spiegare i motivi per cui altre persone, e non solo i funzionari religiosi, avessero adottato questa tonsura. “Indubbiamente”, dice Dom Gougard, “la tonsura non costituiva un privilegio esclusivo dei druidi. Essa veniva con tutta probabilità ostentata da altre classi nell’antica società celtica”. Tuttavia questo fatto non fa che confermare l’opinione secondo la quale i druidi non erano semplicemente sacerdoti. Inoltre, bisogna anche considerare che in molte parti del mondo, la tonsura costituiva un segno distintivo della casta dei guerrieri quanto di quella degli intellettuali e dei sacerdoti. Nella società celtica scopriamo che alcuni campioni del re bretone Waroc’h II (577 d.C. ca. – 594) si rasavano il capo con la stessa tonsura celtica. Waroc’h con successo chiamò a raccolta la Bretagna contro gli attacchi dei Franchi.
Strana questa tonsura perché non scopre completamente il VII chakra, al vertice del cranio, ma lo lascia coperto a metà con i capelli, a differenza della tonsura che avevano i monaci medievali e i monaci buddisti. Probabilmente i druidi non volevano distaccarsi completamente dal mondo fisico, chissà.
Da http://www.energiainmovimento.it/La%20scuola/Mercoled%EC/280503.htm:
Il VII Chakra è quello che permette di connettersi con energie superiori. Prima di arrivare a questa connessione è necessario fare un buon lavoro su se stessi.È bene innanzi tutto fare attenzione a come si manovrano quel tipo di energie. Il nostro pensiero non è qualcosa che rimane solo presso di noi, o è qualcosa di non conoscibile oppure difficilmente percettibile; sappiamo che ogni nostro pensiero modifica sempre qualcosa dentro e fuori di noi. Chi ha il settimo chakra aperto, sviluppato, in espansione, non vive con la testa fra le nuvole, vive attaccato al cielo, ma molto bene anche attaccato alla terra, è il Realizzato, l'Illuminato, il Maestro. Se stiamo con la testa lassù e i piedi a mezz'aria è chiaro che la nostra realtà è abbastanza difficile da gestire, se abbiamo costruito bene la base e gradino per gradino siamo arrivati lassù, siamo agganciati al padre celeste e alla madre terra, e chi sta meglio di noi! Il nostro scopo, nel VII° Chakra, è quello di entrare in contatto con il Divino, ma anche di manifestare la divinità nel nostro corpo e nelle azioni, e, in tal modo di trasformare il mondo. Dobbiamo sì liberare il nostro spirito, ma per non perderci nell’infinito dobbiamo conservare una casa in cui lo spirito possa far ritorno.
È questa l’impresa di un VII° Chakra equilibrato
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