mercoledì 19 ottobre 2011

Estasi e follia nello sciamanesimo celtico


Il personaggio oggi noto come Merlino, assume, in realtà, differenti nomi e aspetti nel corso dei secoli e nelle varie leggende, ma l’archetipo del bardo, veggente e druido in preda alla Follia Profetica, a causa della quale è costretto a vivere nel folto dei boschi come Uomo Silvestre, è il medesimo ed è ampiamente riconoscibile in ognuna di esse; nelle varie narrazioni, difatti, si nota come egli passi la maggior parte del suo tempo tra le foreste, lontano dalla civiltà e dalla sua caotica nonché superficiale esistenza, trovando così riparo spirituale nell’abbraccio delle fronde degli alberi e nella contemplazione della vita degli animali selvatici. Questo suo profondo attaccamento allo stile di vita selvaggio, i vari tipi di alberi spesso citati, e il rapporto, sia fisico che simbolico, che spesso viene a crearsi tra il Veggente e l'albero stesso, lasciano dedurre che nelle suddette leggende vi sia una qualche reminiscenza dell’antico culto arboreo dell’era pre-cristiana.
Un personaggio leggendario che viene solitamente affiancato alla figura del nostro Merlino è Lailoken. Nel testo gallese Cyfoesi Myrddin a Gwenddydd ei Chwaer (La conversazione di Merlino e di sua sorella Gwendydd), Gwenddydd si riferisce a Merlino con il nome di Llallawg e il suo diminutivo Llallogan. Anche A.O.H. Jarman, un eminente studioso di antica letteratura gallese e della figura di Artù in particolare, associa Llallogan ~ Laloiken con l’originario personaggio di Myrddin Wyllt  (in inglese Merlin the Wild, "Merlino il selvaggio" che compare in Vita Merlini di Geoffrey of Monmouth nel 1148-1150 c.a., il seguito della sua Prophetia Merlini) e che diede la nascita al personaggio arturiano di Merlino. In una storia più tarda del XV secolo, Lailoken and Kentigern, troviamo la frase: “…alcuni dicono che fu chiamato Merlino”. Più tardi il Libro Nero di Carmarthen (c.a. 1250) ci riporta anch’esso parti della leggenda di Myrddin Wyllt.
Myrddin Wyllt è uno dei possibili volti dell'Uomo Selvaggio. Costui era figlio di un uomo di nome Morfryn, e soffriva di stati alterni di pazzia che, infine, lo costrinsero ad una solitaria vita nei boschi. Nel testo si accenna al fatto che avesse il dono della profezia, la quale si manifestava, però, solamente durante i rari momenti di sanità mentale. In questa narrazione, la presenza di alberi viene in verità citata dalla sorella di Myrddin, Gwendydd, la quale possiede a sua volta il dono della veggenza, ma è il fratello che aiuta la fanciulla nell'interpretazione dei suoi sogni profetici. Cosa che lo rende indiscutibilmente legato alla Conoscenza arborea.
Secondo Jean Markale vi è, altresì, una possibile connessione tra il personaggio di Merlino e quello di Gwydion, l'Incantatore figlio della Dea Don e nipote di re Math, presente nelle leggende gallesi del Mabinogion. Entrambi, difatti, sono legati alla magia della foresta, in quanto Gwydion durante la battaglia mitologica raccontata nel Libro di Taliesin e chiamata Cad Goddeu, "Battaglia degli Alberi", è colui che trasforma i britannici in alberi e arbusti. Inoltre, pare che il suo nome derivi dalla radice "gwydd", o "wydd", che significherebbe bosco. Ambedue esperti di incanti e illusioni, e ambedue profondamente legati alla vita selvatica, dal momento che Gwydion stesso venne trasformato da Math in tre diversi animali, in seguito ad una punizione.
A sua volta, nel nome di Merlino si scorge la familiarità con il mondo selvatico dei boschi e delle foreste; sempre secondo Markale, è possibile accostare il suo nome con la parola inglese del XII secolo "merilun", ovvero "merlin" in inglese moderno, che significa "smeriglio", qualità di falcone molto nota a quell'epoca. Propone, inoltre, un accostamento con il francese "merle", ovvero "merlo", ponendolo in questo caso come aggettivo, a causa del carattere tipicamente sbeffeggiatore e impertinente del Merlino Incantatore delle saghe arturiane.
Ad ogni modo, nei suoi vari aspetti e comportamenti, scorgiamo in Merlino il volto solenne dello Sciamano, del Druido, di colui che possiede la Scienza degli Alberi, il quale intraprende il proprio Viaggio Estatico attraverso la fusione dell'Anima e del Sé con l'essenza degli alberi a cui si rivolge, o dentro a cui vive, protetto da occhi indegni nell'imperscrutabilità della propria cristallina torre, che altri non è se non il Nemeton, la Sacra Radura pregna di magia divina.
Nel suo Vita Merlini, Geoffrey of Monmouth narra di come Merlino, in preda alla follia, corra a nascondersi tra i frassini, dove darà inizio alla sua esistenza di uomo selvaggio, nutrendosi di bacche e radici, e comportandosi come se fosse un animale. Nel corso della storia, lo si può osservare mentre va a rifugiarsi all’ombra di alcune querce, sfuggendo così ad un viandante che l’aveva casualmente scorto per via dei suoi canti e lamenti. Infine, un inviato della sorella, avente il compito di ritrovarlo e di ricondurlo a casa, lo trova beatamente adagiato sotto ad un nocciolo, nei pressi di una sorgente. Analizzando brevemente le varie simbologie di questi tre alberi, si può azzardare l’ipotesi di un Percorso Iniziatico basato sugli insegnamenti profondi del Frassino, della Quercia e del Nocciolo.
Il Frassino è l’albero degli Inizi e della Vita, fonte di saggezza cosmica, connesso alle acque ed alla femminea Luna, ma anche al Sole e quindi al lato maschile, e avente la capacità di apportare equilibrio interiore, guarigione sia fisica che spirituale, e di favorire la rinascita. Nella mitologia nordica, l’Yggdrasil, il Frassino del Mondo, veniva raffigurato come un albero immenso, i cui rami si snodavano verso l’immensità del cielo, mentre le radici scendevano nelle oscurità degl’Inferi, in modo da sostenere e rigenerare l’universo; questa visione potrebbe stare ad indicare una connessione spirituale da parte di quest’albero tra il piano materiale, o della mente, e quello dell’anima, dal quale prende nutrimento. È perciò evidente, in questo caso, il suo ruolo di “ponte” tra la mente di Merlino e la sua anima antica, portandolo così ad avere visioni ed estasi che ad occhi profani possono apparire come mera pazzia.
Volgendo lo sguardo verso la simbologia della Quercia, notiamo come anch'essa venisse considerata una sorta di "porta" d'accesso ai Mondi, e come in molte tradizioni fosse tenuta in grande considerazione quale albero oracolare. L'essenza spirituale della Quercia possiede la capacità di apportare grande forza interiore, atta a governare sé stessi, e donando così equilibrio e vigore sia fisico che psicologico; tutte qualità che al Merlino in preda alla Follia giungono come un corroborante elisir, in grado di concedergli la fermezza e la lucidità necessarie alla comprensione personale dei propri vaticini. Inoltre, la Quercia è anche un albero guerriero, che dona protezione e stabilità, che risveglia la nostra parte più forte e combattiva, e che ci infonde coraggio, energia vitale e ispirazione.
Ma è il Nocciolo che vede il cambiamento finale di Merlino, quello che lo porterà a seguire il suddetto inviato della sorella per fare temporaneamente ritorno tra la gente comune. Qui Merlino appare più sereno, meno selvaggio, la sua Follia si è un poco placata, o meglio equilibrata, e lo si ode cantare una sorta di preghiera, una riflessione sulla natura delle stagioni e sulla relativa rigidità dell'inverno. Quest'albero, infatti, è da sempre l'emblema della Conoscenza profonda, della Saggezza e dell'Ispirazione proveniente direttamente dagli Dei. La sua aura "rinfrescante" e giovanile è in grado di connettere la mente con quella parte dell'anima innocente e luminosa, chiamata "bambino interiore", in grado di riconoscere la vera Magia che si cela oltre la materia. Il Nocciolo è particolarmente legato alle acque, ed è perciò interessante notare la presenza del ruscello al fianco di Merlino, simbolo di guarigione fisica, mentale e spirituale, ma soprattutto ennesima simbologia di un "varco" che collega il mondo umano con quello Divino, quale è l'acqua nella tradizione celtica. Forse, in questo caso, il Nocciolo potrebbe rappresentare l'avvicinarsi della meta finale del Percorso del profeta.
Un altro dei possibili volti di Merlino lo troviamo nel personaggio di Myrddin il Bardo, poeta gallese che ci parla in prima persona nelle poesie a lui attribuite. Anch'egli, come il Merlino di Geoffrey di Monmouth, viene visto come un "uomo selvaggio", un "folle", che ama profetizzare nella quiete delle foreste. Nella poesia dei Meli, lo vediamo rivolgersi a questi alberi come se parlasse a delle persone, quasi ad indicare quanto fosse integrato nel suo ruolo di Uomo dei Boschi, e il fatto che ormai appartenesse ad un mondo al di fuori di questo. Questo suo comportamento riporta alla mente le trance degli sciamani, i quali, durante le loro estasi, sono in grado di visitare mondi ritenuti al di sopra di quello ordinario. Il Melo, secondo la tradizione, è l'albero fatato per eccellenza, Iniziatore e dispensatore di Saggezza e Conoscenza, i cui frutti racchiudono la simbologia dell'Altro Mondo. Nella mitica Asgard, città degli Dei della mitologia norvegese, vi erano delle mele magiche che donavano l'eterna giovinezza, e questo ci riporta al concetto di Bambino Interiore, sempiternamente puro e limpido. Il Melo è inoltre l'albero sacro dell'Isola di Avalon, terra di incanti e guarigioni spirituali, nonché dimora di splendide Donne conoscitrici dei Misteri universali. Senza dimenticare il frutto proibito della biblica vicenda di Adamo ed Eva, il quale concedeva la Sapienza di Dio. Esso dona la Vita, la Rinascita, il "furor poeticus", ovvero l'Ispirazione del poeta portata dalle Muse. E, nuovamente, troviamo in esso la capacità di connettere il veggente con gli ancestrali Mondi dello spirito.
In un'altra poesia, vediamo Myrddin dialogare con un piccolo maiale, più probabilmente un cinghialotto, animale sacro ai Celti che ben rappresenta lo stato interiore selvaggio del Bardo, e la sua connessione con il volto divino della natura.
Merlino è stato associato anche alla figura di Suibhne, un re e poeta che governò Dalraidhe (da non confondere con Dál Riata, latinizzata in
Dalriada), un regno del popolo dei Cruithne, nel nord-est dell'Irlanda del I millennio, incentrato sulle coste settentrionali di Lough Neagh, nell'Antrim, e che sembra corrispondere alle Robogdii menzionate da Tolomeo nella sua Geografia. Un giorno Suibhne, dopo essere stato maledetto da San Ronan, alla vista della carneficina avvenuta durante una battaglia impazzì e visse a lungo nelle foreste dormendo sugli alberi. Indossava un mantello di piume ed era in grado di passare dalla cima di un albero a quella di un altro volando. Durante questi periodi di follia ispirata fece delle profezie che in seguito si rivelarono vere. Una volta ebbe uno scontro con la strega del mulino, che cadde a terra morta quando non riuscì a reagire a un poderoso salto da lui compiuto. Diverse volte gli amici lo incontrarono e cercarono di convincerlo a tornare a casa, ma ogni volta capitava qualcosa che lo riportava indietro nella sua follia. Alla fine trovò la morte in una maniera inconsueta: un cuoco del monastero dove il confidente di Suibhne, San Molling, lo aveva invitato a cena, divenne geloso per le attenzioni che sua moglie prestava al folle esiliato e lo trafisse con una lancia.
Questa storia, che
risale al X-XII secolo, modellata su una tradizione precedente di cui si conservano echi nel
Libro di Aicill e negli Anecdota di S. Molling, rivela molti aspetti dello sciamanesimo celtico. Quando è in preda alla follia o ispirato, Suibhne compone poesie, vola come un uccello e pronuncia profezie: tutte e tre le discipline sono comuni agli sciamani del mondo intero. La sfida con la strega del mulino è, come la gara fra Taliesin e Ceridwen nell’assumere forme diverse di animali, un modo di descrivere l’iniziazione sciamanica e ricorda vari racconti di lotte fra diversi “stregoni” nello sciamanesimo del Sud America. Il soprannome di Geilt, dato a Suibhne, viene solitamente impiegato per indicare un matto; non è altro che l’equivalente irlandese del gallico Gwylt, che significa selvaggio. È più che probabile che la parola geilt o gwelt sia la traduzione in celtico della parola “sciamano”: un folle ispirato che vola, è in grado di predire il futuro e vive in stretta comunione con il mondo animale.
Le leggende di Suibhne Geilt in Irlanda e Laloken in Scozia appaiono, in realtà, molto simili al resoconto della Vita Merlini. Suibhne in particolare descrive i suoi stretti rapporti col mondo animale e vegetale, che gli ispira lodi alla bellezza degli alberi e della natura, alla freschezza delle acque, ed alla grazia degli animali. Le sue odi sono dedicate a querce, ontani, salici e betulle, tutti ritenuti in grado di avvicinare l'essere umano alla divinità, e ad altri numerosi alberi e arbusti che si ritrovano senza difficoltà nella vasta simbologia celtica. Possiamo notare come la sua follia sia più gioiosa, più armoniosa, rispetto a quella del Merlino presentato da Geoffrey, nonostante anch'egli soffra dinanzi ai rigori invernali. Un attento esame va tuttavia rivolto verso l'albero in cui egli pare abbia scelto di dimorare dopo aver rinunciato alla vita con gli esseri umani, ovvero il Tasso. Le antiche tribù teutoniche dedicarono a questo maestoso albero la tredicesima runa, Eiwaz o Ihwaz, che rappresenterebbe sia la Morte che la Rinascita. Secondo Graves, il Tasso è associabile al Solstizio d'Inverno, momento dell'anno in cui il Sole muore e contemporaneamente rinasce a nuova vita. Simbologia perfetta per il caso di Suibhne, che muore come essere umano per rinascere come Uomo Selvatico. Tra le popolazioni indoeuropee, è uso comune dipingersi sulla fronte un piccolo punto colorato, chiamato bindhi, simboleggiante il Terzo Occhio, grazie al quale si possono ottenere stati di coscienza elevati. Nella cultura celtica il Tasso possedeva il ruolo di legno principale per l'intaglio delle rune ogamiche, poiché portatore di Conoscenza superiore. Suibhne potrebbe aver scelto quest’albero per favorire lo sviluppo e l’accrescimento del suo stato di folle veggente

Da: Sciamanesimo celtico di John Matthews
http://sacerdotessediavalon.forumcommunity.net/?t=39927765

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