lunedì 14 novembre 2011

Samhain - la festa dell’oscurità


L’autunno inoltrato, con l’arrivo delle nebbie e dei primi freddi è un altro punto di svolta della grande Ruota dell’Anno. In questo periodo infatti, al primo novembre, cade la grande festa celtica di Samhain (pron. souin). Samhain in gaelico irlandese indica il mese di novembre e il corrispondente gaelico scozzese Samhuin (pron. sov’en) è la festività di Ognissanti. Questa ricorrenza, il cui nome significa “fine dell’estate”, rappresenta la controparte di Beltane, l’arrivo della parte oscura dell’anno, l’inizio stagionale dell’inverno (mentre quello astronomico è determinato dal Solstizio d’Inverno). Gli antichi Celti avevano in origine due sole stagioni, Geimredh che iniziava a Samhain e Samradh che iniziava a Beltane (più tardi furono aggiunte altre due stagioni, Earrach con inizio a Imbolc e Foghamar a Lughnasadh). Samhain era il Capodanno celtico: infatti, per gli antichi Celti, l’anno iniziava con la sua parte oscura, allo stesso modo in cui il giorno iniziava con le ore notturne. Le feste celtiche iniziavano sempre al crepuscolo del giorno precedente: ancora oggi nei paesi anglosassoni si celebra Halloween cioè All Hallow’s Eve o Vigilia di Ognissanti (come è stata cristianizzata tale ricorrenza), così come si festeggia May Eve a Beltane. Nella tradizione celtica, al pari di altre culture, il giorno che segna la fine di un ciclo e l’inizio di un altro, non appartiene a nessuno dei due (né al passato né al futuro) ma è un “tempo oltre il tempo”, una scintilla dell’eternità. Tutti i confini, siano essi spaziali o temporali, hanno in moltissime tradizioni antiche una valenza magico-sacrale: un luogo come la spiaggia non appartiene né all’acqua né alla terra, così l’alba e il crepuscolo non appartengono né al giorno né alla notte. Mezzanotte è un’ora magica perché è al confine fra due giorni. Questi luoghi e questi tempi presentano al tempo stesso pericoli e opportunità di conoscenza perché si può attraverso essi entrare nell’Altro Mondo allo stesso modo in cui energie dell’Altro Mondo possono entrare nel nostro mondo quotidiano. Il momento in cui una stagione cede alla successiva è particolarmente significativo da questo punto di vista, come abbiamo visto a proposito della festa di Beltane. Samhain è ancora più cruciale perché è l’inizio di un nuovo anno, per questo motivo più di ogni altra festa annuale è un momento critico: non appartenendo al tempo quotidiano, esso costituisce un passaggio fra la realtà del nostro mondo e altre dimensioni. Se ogni festa costituisce al tempo stesso un inizio e una fine, Samhain è un momento speciale perché il velo del tempo si solleva e si può comunicare con gli altri livelli di esistenza in maniera più chiara che mai. In questo giorno i vivi possono visitare il mondo dei morti e i morti possono tornare tra i vivi (anzi, ad esser più precisi, tutto il periodo compreso tra Samhain e il Solstizio d’inverno è un tempo di contatti con spiriti ed entità dell’Altro Mondo, perché siamo nella “notte dell’anno”). Le porte del Sidhe (l’aldilà celtico) si aprivano e né gli umani, né gli esseri fatati avevano bisogno di un lasciapassare. Nella Féile na Marbh, la “festa dei morti”, si ritornava al caos primordiale. Secondo un’antica concezione pagana si festeggiava la vita nella morte con una celebrazione che non aveva nulla di triste, quasi a ricordare che ogni fine è un nuovo inizio e ogni morte in questo mondo è una nascita nell’altro mondo. Così da un lato si propiziavano i morti, dall’altro si dava luogo a disinibite feste che riaffermavano il valore della vita di fronte all’incombente oscurità. Samhain può sembrare un inizio strano per il nuovo anno, ma l’esistenza per gli antichi era una ruota, in cui la morte intesa come fenomeno naturale precedeva necessariamente qualsiasi nuova nascita. Di tutte queste credenze è rimasta qualche eco nelle celebrazioni cristiane dei defunti, il 2 novembre, mentre la festa di Samhain fu cristianizzata come Ognissanti e spostata dalla data originaria del 13 maggio dal papa Gregorio IV nell’anno 834.
Samhain, preceduto dalla notte conosciuta ancora oggi in Scozia come Nos-Galan-Geaf (Notte delle Calende d’Inverno) era una festa celebrata dagli antichi Celti in maniera solenne, con banchetti e festini che potevano durare anche una settimana intera. Vi era una ragione pratica: in questo periodo il bestiame proveniente dai pascoli estivi veniva radunato nelle stalle e in base alle scorte di foraggio, si macellavano tutti i capi in eccesso. La carne che non poteva essere conservata veniva consumata da tutti i membri della tribù, perfino dai più poveri che venivano generosamente ospitati dai nobili e dai capi. Anche tutti i prodotti della terra dovevano essere raccolti entro il 31 ottobre: ciò che rimaneva era abbandonato ai Pùca, folletti dispettosi e malvagi.
Infatti Samhain era anche il giorno che celebrava la fine dell’ultimo raccolto dell’anno, quello delle mele, frutto sacro in molte tradizioni. Altro raccolto, celebrato dai Celti, era quello delle nocciole, frutto simbolo della sapienza magica. Non è un caso se in molte leggende mele e nocciole rappresentano i frutti dell’Altro Mondo, donati agli umani da divinità o da esseri fatati! Il nocciolo era sacro ai Celti, simbolo di saggezza e di segreta conoscenza: una leggenda narrava che nove noccioli sacri circondavano la sorgente di Connlas, in Irlanda, portando frutti e fiori nello stesso tempo. In molte culture, non solo quella celtica, il legno di nocciolo era il più indicato per bacchette magiche o rabdomantiche.
In quanto all’altro frutto di Samhain, tra i frutti che la stagione autunnale ci offre nessuno è più presente nei miti e nelle tradizioni dell’Occidente quanto la comune mela.
Come molte altre feste celtiche antiche a Samhain il fuoco aveva un ruolo importante, considerato come simbolo della scintilla della vita futura che rifiorirà in primavera. Alla vigilia della festa tutti i fuochi delle case venivano spenti e la gente si raccoglieva sulle cime delle colline, dove era stato preparato un grande falò. Tutti attendevano in silenzio e nell’oscurità che trascorresse l’ora fatale tra le stagioni e che gli spiriti si fossero allontanati. Poi il sacro fuoco era acceso dai druidi e, passato il pericolo, la gente festeggiava con grande gioia. All’alba ciascuno avrebbe preso una torcia dal falò per riaccendere il proprio focolare domestico. Il fuoco di Samhain era anche un faro e una guida per le anime perdute, le quali potevano usare la sua luce per andare o tornare nel loro luogo di riposo. Echi dei fuochi di Samhain permangono nelle candele collocate all’interno di zucche intagliate a forma di testa umana. Forse un lontano ricordo dei crani collezionati dai guerrieri celti? Queste zucche (ma in molte zone anticamente si utilizzavano rape) prendono il nome di Jack o’Lantern. Ancora oggi molte tradizioni di Samhain sono sopravvissute, specie nei paesi anglosassoni. Numerosi sono gli echi pagani nella festa di Halloween negli Stati Uniti, dove gli spiriti dei defunti e gli esseri fatati sono interpretati da bambini mascherati che passano di casa in casa per cercare vendetta o comunque punire il comportamento irrispettoso dei viventi. Di notte a Samhain si evitava di uscire se non per accendere il sacro fuoco. D’altro canto i morti rappresentavano potenze benefiche da propiziarsi per far crescere i semi del nuovo raccolto e la propiziazione era una faccenda seria quando la sopravvivenza dipendeva da essa. I defunti erano infatti assimilati ai semi. Nell’antichità l’inverno era la stagione dei morti perché era una stagione dura: molte persone sarebbero morte di fame, freddo o malattie allora incurabili, la morte era sempre qualcosa di molto vicino. Anche la vita vegetale moriva, ma il suolo era visto come il corpo della Madre Terra, dove i buchi per i semi erano il suo grembo. I semi giacevano nella terra e da essi nasceva nuova vita. Nel Neolitico i defunti venivano sepolti in posizione fetale, ad aspettare una nuova nascita dal grembo della Dea. Più tardi vennero sepolti in tumuli che avevano camere sepolcrali a forma di grembo. Questi tumuli vennero considerati in seguito le “colline cave”, dimore di spiriti e di fate, da cui uscivano appunto a Samhain. Ma probabilmente i costruttori di tumuli avevano inteso costruire non tanto delle tombe bensì dei luoghi di iniziazione, nei quali dovevano avere luogo solenni cerimonie nei periodi delle feste sacre. È possibile supporre che gli iniziati si sottoponessero ad una sorta di morte rituale ed entrassero nei tumuli che erano gli uteri della Madre Terra. Al sorgere del sole forse gli iniziati uscivano risalendo gli stretti corridoi dei monumenti, e ritornavano nel mondo come nuovi esseri, “nati due volte”. Sui tumuli e nelle camere sepolcrali, come a Newgrange, appare il simbolo della doppia spirale. Nelle antiche civiltà essa era un simbolo di iniziazione. La spirale verso l’interno rappresenta la morte dell’iniziato, il centro è il luogo di rigenerazione e la spirale verso l’esterno è la rinascita. Allo stesso modo si pensava che il Dio del Sole o del Grano avesse affrontato il viaggio iniziatico nel regno dell’oscurità, dove ora egli regnava come sovrano, il Re Oscuro o Re dell’Agrifoglio. Anche la Dea della Terra appariva una potenza oscura, come la celtica Cailleach (la “Velata”, dal gaelico irlandese caille - velo -), il cui animale totemico era il corvo che si nutre di cadaveri. La Vecchia Dea piange il suo amante, il Dio della Vegetazione che se ne è andato nell’Altro Mondo, ma che tuttavia ha fecondato il suo grembo con il seme della nuova primavera. La Dea Oscura è quindi anche come la madre della vita futura e il suo calderone magico altro non è che il grembo della rinascita. Ma Samhain non è solo un periodo di morte e di iniziazione, ma anche di divinazione. L’aspetto divinatorio di questa festa è favorito dal clima psicologico della stagione, che incoraggia a rivolgere lo sguardo verso la propria interiorità, e viene facilitato dalla possibilità di contattare altre dimensioni dell’esistenza. Tuttavia nell’antichità la divinazione era una cosa seria, resa necessaria dall’angoscia provocata dall’approssimarsi dell’inverno con le sue durezze. Quindi le arti mantiche erano appannaggio di persone esperte, sciamani, streghe, sacerdoti. Nel corso dei secoli, però, quella che una volta era l’arte dei druidi, divenne sempre più il gioco preferito dalle ragazze nubili in cerca di marito. Così, nel Donegal (Irlanda) le ragazze lavavano la propria camicia da notte per tre volte in acqua corrente, appendendola ad asciugare di fronte al focolare nella mezzanotte della vigilia di Samhain, e poi lasciando aperta la porta di casa. Si credeva che il futuro sposo sarebbe stato costretto a entrare in casa. Altri metodi di divinazione consistevano nel fissare le scintille o le fiamme del fuoco di Samhain e trarre auspici.
Anche i frutti di Samhain , noci e mele, ricoprivano un ruolo importante nelle tecniche divinatorie; possedendo anche un valore simbolico di fertilità (le noci sono i testicoli, la mela è il frutto d’amore) erano inevitabilmente collegati alle profezie amatorie. Per fare un esempio, le ragazze “battezzavano” alcune nocciole con i nomi dei loro pretendenti e dopo le arrostivano sul fuoco: la prima nocciola che saltava era quella del futuro sposo. Oppure si tagliava una mela in nove spicchi uguali, se ne mangiavano otto e si gettava il nono al di sopra della spalla sinistra, girandosi velocemente. Si credeva che la ragazza avrebbe intravisto le fattezze del futuro marito.
I giochi di Samhain avevano però anche un significato sacrificale: In Galles una volta che l’ultima scintilla del fuoco di Samhain era spenta, tutti improvvisamente si afferravano le gambe gridando: “La scrofa nera si prenda l’ultimo!”; nella mitologia celtica del Galles la scrofa nera era Cerridwen, di nuovo la Vecchia Dea nel suo aspetto oscuro. Tale usanza forse è il lontano ricordo di antichissimi sacrifici rituali dove veniva probabilmente ucciso in maniera rituale il rappresentante umano del re o del Dio, come narrano parecchi miti.
La pianta sacra di Samhain è il tasso, pianta legata per tanti aspetti alla morte. Infatti è un albero con corteccia e foglie altamente velenosi e il suo legno era anticamente usato per fabbricare archi da guerra. Per questi motivi ha sempre ornato tanti cimiteri e presso gli antichi veniva usato spesso nelle pire funerarie. Ma paradossalmente rappresenta anche la Vita nella Morte perché è una pianta sempreverde, con un legno resistentissimo, e può vivere fino a 2000 anni e oltre. Ciò fa del tasso un simbolo di immortalità

Da: Feste pagane di Roberto Fattore

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