martedì 6 dicembre 2011

La masca dei gatti



Sono stata io a capire che il gatto era l’animale adatto per evocare inquietanti proiezioni e fantasticherie. Mi è bastato osservarlo per un po’ di tempo. I suoi occhi che cambiano colore, luminosi al buio, il suo modo di camminare furtivo, così silenzioso che te lo trovi davanti come un’apparizione, il suo pelo che quando l’animale è inquieto si drizza come uno scudo di aculei, e certe volte sembra incendiarsi in fosforescenze elettriche. Poi mi sono documentata, ho letto libri di storia, ho imparato quello che mi interessava conoscere. In Germania, e nelle Fiandre, era d’uso catturare per le feste paesane i gatti randagi, per ucciderli a bastonate o per seppellirli vivi. Nei Vosgi e nell’Alsazia li condannavano a perire tra le fiamme proprio il giorno di Pasqua, mentre nelle Ardenne, legati ad uno spiedo, erano fatti morire a fuoco lento. Qui in Piemonte nell’antichità era diffusa abitudine murare vivo in qualche nicchia un gatto di colore scuro quando si costruiva una casa nuova. Nelle Langhe i gatti li hanno sempre mangiati in autunno ed in inverno, preparando grandi polente e invitando gli amici. Dicevano che erano conigli selvatici e tutti ci credevano o facevano finta di crederci. La prima volta che mi sono cambiata in gatto non mi è andata bene. Sono andata in una cascina dove facevano la lesia, tre, quattro donne insieme. Mentre la lesia bolliva parlavano di masche, dicevano quel che bisognava fare per segnarci e tenerci lontane. Io mi sono avvicinata cambiata da gatto per sentire i loro discorsi e fargli anche prendere qualche bello spavento. Solo che una di loro, la più giovane, la più maleducata, mi ha tirato addosso un mestolo di liscivia bollente e sono dovuta scappare, urlando per il dolore. Sono rimasta a letto tutta ustionata per tre o quattro giorni. Quello che non posso tollerare è che mi si attribuiscano delitti che non ho mai commesso. Io amo i bambini, ci gioco volentieri assieme, da gatto lascio che mi tirino la coda, ch mi facciano le fusa. Quando leggo che di notte ho l’abitudine di trasformarmi in un gattone dal pelo color neve e che giro le case per soffocare nelle culle i neonati ci resto male, mi deprimo. Purtroppo anche noi siamo vittime di certi pregiudizi e a me è bastato, in gioventù, di transitare per una stalla dove una coppia di sposi molto prolifica che aveva sette figli e due li aveva seppelliti per la spagnola teneva una culla con dentro un bimbo di otto mesi. Morivo dalla curiosità di fare un sorriso a quella creatura, ma ero ben lontana dall’immaginare che il padre fosse nascosto nella greppia a fare la guardia. Come faccio per spiccare il salto verso la culla un bastone è vibrato nell’aria e mi finisce in modo violento sopra la zampa destra. Che iella! Per due mesi sono andata in giro con un braccio al collo

Da: Langa magica di Donato Bosca

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