venerdì 31 agosto 2012

Il fuoco segreto



Solo chi ha l’anima luminosa può entrare nel sogno della Grande Dea.
Le antiche Donne in ogni loro vita impararono e riimpararono a renderla lucente come uno specchio d’argento e limpida come l’acqua di una fontana.
Giorno dopo giorno resero immune la loro anima da ogni oscurità, estirpando le male piante dei cattivi sentimenti, così come un bravo contadino toglie dal suo orto le erbe infestanti per avere un buon raccolto.
La resero capace di dominare i pensieri che i poveri uomini mortali credono che rappresentino il centro ed il fulcro della loro esistenza.
La resero capace di non farsi distrarre od affascinare dalle mille artificialità che continuamente vengono create per catturare l’interesse delle persone.
La resero sempre più simile alla grande anima della Madre fino al punto in cui Essa poté specchiarsi in loro ed illuminarle di un magico biancore, come la bianca luce della Luna fa con le acque pure dei laghi incontaminati d’alta montagna.
Sempre più facilmente l’antica Dea poté sentirle parte del suo sogno, dato che cercavano sempre di più la comunione con Lei.
E ad un certo punto si resero conto, provando per questo motivo una gioia infinita, di essere parte di Lei, così come erano parte di Lei tutte le cose buone e reali che ancora erano nel mondo e che ancora venivano sognate amorosamente dalla Madre.
E con queste parole manifestarono la loro gioia e la consapevolezza di ciò ch erano alla Dea antica:
“Oh, Signora dal dolce sorriso, ora ci sentiamo parte di Te.
Ci sentiamo come le innumerevoli gocce d’acqua che assieme formano il grande mare, come le numerose foglie di un albero gigantesco ed antico che pur sembrando separate fanno parte di uno stesso corpo.
Ora facciamo veramente parte del tuo sogno di gioia, così come il cielo, il sole, la pioggia, le montagne, gli animali, le stelle e l’intero universo.
Tu sognando sei, e le cose buone e belle che continuamente generi e rigeneri nel tuo sogno sono il tuo immenso corpo di gioia.
Ora noi di esso facciamo parte, dato che noi viviamo in modo conforme al tuo sogno armonioso”.
E così in loro parlò la Grande Madre:
“Siate lieti come Io sono lieta, amorose come Io sono amorosa, e libere come Io sono libera, dato che Io sono voi e voi siete Me.
Beate quelle che riescono ad uscire dal vincolo del proprio io e della propria mente e ad espandersi nell’amore sterminato che sta al di là dell’oscurità e delle apparenze.
Beate quelle che da quell’amore non si distinguono, né ad esso si oppongono, ma sempre di più in lui si integrano e si identificano fino a diventarne parte per sempre.
Quell’amore raro, quell’amore vasto, quell’amore completo, quell’amore sacro che quasi più nessuno conosce, né cerca, né pensa che possa esistere.
Quell’amore in cui si congiungono e si risolvono i due principi, il fuoco e l’acqua, il cielo e la terra, la vita e la morte, la materia e lo spirito.
Chi conosce quell’amore, entrando in comunione con Me esce, come un fiume in piena, dai piccoli limiti del suo io e supera la semplice condizione di donna, dato che la Madre è anche il Padre, è maschio e femmina, uomo e donna, potendo perciò generare senza congiungersi con alcuno tutte le cose buone e belle dei mondi.
Ma perché ciò possa succedere, perché voi vi possiate espandere, perché voi possiate comprendere i due opposti ed integrarli fino a farne una cosa sola, dovrete fare del vostro corpo e della vostra mente un tempio, nel quale accendere il fuoco di quell’amore senza inizio e senza fine che è l’amore della Madre, congiunta con il Padre.
Beate quelle che lo accenderanno e che impareranno a percepire la struggente e languida armonia del fuoco sacro che arde in loro.
Volgendo ad esso la loro attenzione, permarranno nella gioia e più nulla potranno su di loro le oscurità e le cattiverie che dominano il mondo.
È facile, per quelle che hanno acceso in se stesse il fuoco sacro, concentrarsi su di esso, dato che l’armonia e l’ebbrezza che proveranno, facendo ciò, saranno molto più forti di qualsiasi vana distrazione che può venire loro dal mondo esterno.
E se anche le incombenze e le necessità di adempiere obblighi e doveri fastidiosi le costringeranno a distrarsi da esso, facilmente ritroveranno il suo languido calore quando saranno sole con se stesse nelle loro case.
Concentrandosi su quel fuoco, vivendo di quel fuoco, annichilendo i pensieri e le emotività per mezzo di quel fuoco, esse intenderanno la comunione con la Madre, esse celebreranno il sacrificio segreto che le rende come la Madre, esse diventeranno la Madre, e conosceranno la congiunzione e l’amore tra il fuoco e l’acqua, tra il maschio e la femmina divini, tra il Sole e la Luna, e di essi diverranno figlie.”
Così le Donne che erano nel sogno della Madre ottennero una gioia, una tranquillità ed una segreta ed indicibile ebbrezza che non erano dovute a nulla che ad esse fosse esterno.
Non solo non era basata sulle cose che altre avidamente cercavano, ma neppure esse avevano bisogno di amanti, di sposi o di figli.
Ed anche se esse non ne sentivano il bisogno, non c’erano uomini adatti a loro nel mondo, dato che nessuno avrebbe potuto capire che esse non erano delle persone, ma delle parti del corpo della Madre.
Di conseguenza solamente chi avesse saputo amare nel modo dovuto l’antica Dea della quale facevano parte, avrebbe potuto ottenere il loro amore che avrebbe avuto il senso di un congiungimento con l’antica Dea attraverso di loro.
Ed esse ritennero quindi che era meglio rimanere vergini, piuttosto che unirsi con i maschi superficiali, oscuri, falsi, tristi, aggressivi o vanesi.
Ma anche con gli uomini di buon carattere, gentili, sensibili ed educati, incapaci però di intendere il loro segreto, che non avrebbero capito e non avrebbero potuto concepire.
Quegli uomini che erano infinitamente lontani dall’aspetto maschile del Dio dalla doppia natura, che esse conoscevano in sé, e che non avrebbero mai accettato di considerare loro ed il loro corpo come parte del meraviglioso corpo della Dea e soprattutto sacra la loro intimità femminile.
Ed invece le figlie della Dea percepivano il loro grembo come un tempio in cui intendevano il mistero della grotta e della sorgente d’armonia, ed in cui più facilmente la Madre si manifestava e parlava a chi poteva intendere la sua amorosa voce.
Nel languore del loro grembo potevano udire l’eco del suo perenne canto, della sua gioia e della sua libertà slegata dai limiti e dai condizionamenti che un rapporto, anche ottimale, con il maschio che non conoscesse né condividesse queste cose, avrebbe fatto sorgere.
Del resto sentivano ormai in se stesse unirsi la forza e la dolcezza, l’azione e la contemplazione, il fuoco e l’acqua, il principio maschile e quello femminile ed avendo quindi in se stesse le buone virtù della femmina, ma anche del maschio, non avevano bisogno di cercare un uomo fuori di sé.
Non avevano più bisogno di appoggiarsi ad alcuno, di affidarsi ad alcuno, o di farsi guidare da qualcuno.
Come la Dea antica, che portava in sé armoniosamente congiunti i due principi, si sentivano complete, piene e sufficienti a se stesse.
E se pur nei tempi antichi, quando la religione della Madre era quella che gioiosamente seguivano le genti, alcune di esse si offrivano senza pudore nei templi a coloro che erano capaci di intendere il sacro significato dell’amplesso con loro, ovvero danzavano nude davanti alla tribù per far intendere con le loro languide ed armoniose movenze la bellezza della Dea, ora quelle stesse Donne avrebbero potuto essere giudicate incapaci di provare il piacere dell’amore, mentre invece evitavano e respingevano l’amore che non poteva più essere sacro.
Le Donne antiche non erano quindi assolutamente contrarie all’intimità amorosa, né in essa vi vedevano alcunché di peccaminoso, così come alcuni predicavano. Sentivano piuttosto che la Madre, della quale facevano parte e che in loro viveva, non apprezzava e riteneva del tutto profano il modo d’essere degli uomini con i quali avrebbero potuto congiungersi ed il loro modo di porsi e di agire con le donne.
Il loro modo di possedere, il loro modo di sovrastare, il loro modo di imporsi e di sentirsi padroni durante i loro egoistici rapporti.
Il loro modo di considerare l’intimità come un piacere fisiologico, un accadimento materiale, che raggiungeva l’apice del piacere nell’emissione del loro seme, con il quale essi consideravano concluso il rapporto.
Quel seme maschile che portava in sé le tracce sottili del modo d’essere di chi l’emetteva.
Quel seme che, versandosi nell’intimità femminile, vi portava l’eco della lontananza dal sacro degli uomini che lo avevano emesso.
Se con essi si fossero unite, forse avrebbero potuto profanare la sacralità della loro intimità ed annichilire la magia segreta del loro tempio di carne.
E l’obbedire alla giusta volontà dell’antica Dea, piuttosto che ad un desiderio che avrebbe potuto spegnere la sua voce in loro, era assai facile, dato che la scelta era tra il divenire e l’essere, tra il profano ed il sacro, tra il lasciarsi andare ed il rimanere salde, tra il farsi coinvolgere dalle cose del mondo ed il rimanere fedeli, tra il ritornare nel tenebroso vortice dei desideri ed il rimanere nella luce della consapevolezza.
Anche per questo motivo quelle Donne non ebbero quasi mai figli, dato che il loro concepimento necessitava di una intimità amorosa, che per loro era pressoché impossibile trovare alle loro inderogabili e severe condizioni.
Il loro rifiutare mariti od amanti impedì ad esse di avere dei figli ed una discendenza alla quale avrebbero potuto cercare di trasmettere le loro conoscenze ed i loro misteri.
Ma questo fatto fu probabilmente un bene, per il motivo che non è assolutamente sicuro che i figli, e soprattutto nel loro caso le figlie, rechino in sé le caratteristiche della madre e le sue vocazioni e predisposizioni.
Ed il rinunciare ad avere delle figlie, che con molte probabilità avrebbero potuto mettersi in contrasto con loro e soprattutto con l’amoroso sogno che esse rappresentavano e che in loro continuava a vivere, sicuramente in molte causò dei momenti di tristezza, ma anche la consapevolezza di essersi evitate complicazioni e difficoltà che avrebbero potuto metterle a dura prova.

Da: La voce dell’antica Madre di Ada d’Aries

In Alchimia il fuoco segreto è l’agente trasmutatorio principale. C’è un fuoco che non è un fuoco volgare di fiamma e che compie tutte le operazioni alchemiche.
Non è un composto chimico complesso. Non è né un metallo, né un acido, né un alcol. Non è nemmeno l’elettricità, né i raggi X, né il magnetismo animale. Questo fuoco è stato chiamato anche l’agente primordiale, il sale filosofico, il fuoco-acqua, l’acqua che non bagna le mani, l’Alkaest: il dissolvente universale, La Rugiada di Maggio, l’acqua mercuriale, l’acqua ignea e in tanti altri modi ancora, poiché non c’è una esatta terminologia alchemica. Il significato di un termine dipende dal contesto nel quale si trova, poi molto spesso i procedimenti sono spezzati e mescolati dal punto di vista temporale. Molto importanti sono sempre le illustrazioni dei trattati, infatti c’è un libro stampato in Francia nel 1677, chiamato Mutus Liber in quanto formato di sole immagini.
Una delle tavole di questo libro ci mostra un uomo ed una donna intenti a strizzare dei panni che sono stati lasciati sull’erba durante la notte, mentre nello sfondo si vedono pascolare un toro ed una pecora. I due animali rappresentano la primavera cioè i segni zodiacali di Ariete e Toro: è in questo periodo che bisogna raccogliere la rugiada, prima dell’alba. Questa rugiada è carica dello Spiritus Mundi, di un’energia che proviene dal cosmico, dal Sole e che viene però condensata tramite riflessione dalla Luna. Questa rugiada potrà poi essere usata per fini curativi o dopo particolari lavori, per nutrire il sale che permetterà l’unione di Zolfo e Mercurio.
C’è insomma un’energia che si può catturare ed il composto alchemico ad un certo punto viene chiamato anche calamita, in quanto attrae sempre di più l’energia cosmica.
Nell’antico Egitto si narra che il Faraone potesse controllare un particolare raggio cosmico chiamato raggio verde. Il sale alchemico saturo di energia ad un certo punto diviene verde. La bibbia degli alchimisti, cioè la tavola smeraldina attribuita ad Ermete Trismegisto, è appunto incisa sopra una tavola di smeraldo verde.
Ma se è possibile con determinati procedimenti o supporti o macchine catturare questa energia, probabilmente lo si può fare anche con lo strumento più complesso che esiste nell’universo: il corpo umano. Gli alchimisti adibivano un angolo del loro laboratorio a oratorio, nel primo si compiva l’evoluzione della materia, nel secondo l’evoluzione dell’operatore stesso, ma l’agente evolutivo era lo stesso: IL FUOCO SEGRETO DEI SAGGI, l’energia cosmica che penetra ogni cosa, il verbo che fu all’inizio, le lingue di fuoco discendenti sugli apostoli, il potere di Kundalini, il Ki dei taoisti.
Non va confuso con il magnetismo personale, è un energia che entra nell’uomo, che prima deve farsi vuoto, deve divenire la coppa o il vaso che possa contenere la bevanda degli dei. La preghiera o la meditazione possono arrestare il flusso psicomentale e permettere a questa energia di entrare. Forse questa energia si concentra nel ventre, in quello che in Giappone viene chiamato Hara. Iconograficamente un ventre prominente, magari con sopra disegnata una spirale simboleggia questa energia immagazzinata nel centro addominale. Anche alcune tecniche dell’esicasmo cristiano uniscono la respirazione, la preghiera e la consapevolezza di questo centro, focalizzando l’attenzione visiva sull’ombelico. Si può ipotizzare che un lavoro alchemico sul corpo umano porti a lavorare sui chakras, i sette centri dell’uomo secondo le filosofie orientali.

Da:
www.gianobifronte.it/2.../2f.../00.../reiki__il_fuoco_segreto.pdf

Ridiscendendo, prima di reinserirsi nel suo corpo fisico, l'Iniziato va a conoscere l'illuminazione; un fuoco eterico, luminoso ed estremamente vivente si anima in lui, una corrente di energia sale, a partire dalla base della colonna vertebrale e percorrendo l'Iniziato, decuplica il suo fuoco. Durante la salita dell'energia, l’Iniziato diventa un diamante fiammeggiante, tutti i suoi chakras si animano e si aprono ad una coscienza in comunione con l'energia Divina; l'Iniziato diventa un fuoco ardente, cosciente e vivente.
Tutto il suo essere vibra e risponde all'energia Divina che si scarica in lui; l'intensità del fuoco decresce ed egli reintegra piano piano il suo corpo, apre gli occhi. Adesso conosce che la sua Opera è solamente iniziata; la sua fede, da questo momento, è sostituita dall'esperienza dello Scibile e niente, in nessun modo, potrà mai cancellarla.


Da: http://www.rosacroceoggi.org/pagine.esotertiche/iniziazione.fuoco.htm


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